Metti la testa a posto!

mafalda testa a posto

di Barbara Michienzi

“Quando metterai la testa a posto? Quando ti sposerai? Quando troverai un lavoro vero? Quando la smetterai di inseguire i sogni? Quando deciderai di avere dei figli e crescere?”

Quante volte abbiamo sentito queste frasi?

Quante volte lo hanno detto a noi e noi lo abbiamo detto o pensato di altri?

Perché una persona che non ha voglia, per varie ragioni che non andrò ad analizzare, deve dimostrare la propria maturità attraverso la formazione di una famiglia o la ricerca di un lavoro convenzionale, a volte proprio di un lavoro e basta!?

Perché decidere di non avere figli deve essere considerato un segnale (direi più un sintomo) di immaturità? Perché non voler aderire a modelli standard e canoni sociali ben definiti deve fare di me uno scapestrato?

Ci sono persone che non sentono, alcuni non lo sentiranno mai, il desiderio di mettere su famiglia, di avere figli, di andare la domenica a pranzo dai genitori o di passare il natale dai parenti, nessuna di queste scelte rende la persona di minor valore o di scarsa maturità rispetto invece a chi lo fa!

Quanti genitori abbiamo visto nella nostra vita essere piuttosto discutibili o assenti nella vita di un figlio… “però ha messo la testa a posto, si è finalmente sposato e ha avuto figli!” … Wow Che modello da seguire!

Questi retaggi culturali sottendono molte cose, molti condizionamenti, ma soprattutto molte paure, in primis la paura di non avere il controllo, la paura del diverso, dell’incontrollabile. Avere sotto mano una società adempitiva, che rispetta e accetta le regole è il modo migliore per amministrarla o per controllarla.

Ma torniamo a noi e lasciamo perdere le questioni politiche e di controllo sociale.

Tutte le domande di cui sopra nascono per mettere in evidenza un problema di ordine personale ed emotivo.

Molti genitori si preoccupano quando i figli non seguono una strada comprensibile, quando non fanno quello che si aspettano, quando fanno scelte fuori dai binari. A partire da lontano, ma non troppo, quando non vanno bene a scuola, quando non studiano abbastanza, quando non sono i primi della classe, quando non si vogliono diplomare o quando vogliono fare una scuola superiore diversa dalle aspettative del genitore, quando decidono di non andare all’università, o di iscriversi ad una facoltà impopolare o poco prestigiosa. Quanti cuori infranti nel sapere che il proprio pargolo non diventerà mai medico o avvocato… ah quante delusioni di fronte a una scelta meno prestigiosa!

Ma quante proiezioni e quante illusioni nelle nostre menti.

Crescere con queste aspettative è faticoso ma anche molto doloroso. Sì perché nel figlio nasce e cresce la convinzione che sarà per il proprio genitore adorato una delusione, può nascere la sensazione forte di non essere compreso, capito ma soprattutto visto per quello che è, nasce la convinzione che per poter essere amati è necessario accontentare la volontà altrui “così siamo tutti contenti”.

E contento è proprio la parola giusta, perché contento non significa felice, appagato, integrato nella propria scelta, ma significa contenuto (cioè dentro un contenitore), poi nel tempo ha assunto una connotazione positiva che si avvicina al concetto di lieto. Ma anche qui provate a sentire con tutti i vostri sensi , anche a livello vibrazionale come suonano queste parole, sentite che differenza c’è tra contento e felice!

Il grande errore, anzi meglio dire uno dei grandi errori, è quello di vivere in un mondo in cui le persone non sono più capaci di assumersi le proprie responsabilità, nè di insegnare ai propri figli (o in generale gli altri) ad assumersele.

Viviamo costantemente sbilanciati sulle responsabilità altrui o sulla totale assenza delle stesse. Viviamo in una società in cui lo sport nazionale è quello di riversare sugli altri le proprie responsabilità e la responsabilità delle proprie scelte. Sì perché se ci pensate bene sentiamo continuamente dire che …”è colpa di Tizio e Caio se il lavoro che sto facendo non è quello giusto; che se non si fosse ammalato mio nonno magari oggi staremmo meglio; se il mio collega non avesse fatto il furbo magari ci starei io al suo posto; che in questo mondo è tutto un magna magna” (però poi anche a noi capita di fare lo stesso pensando che sia l’unica soluzione). Viviamo continuamente immersi in dinamiche in cui la colpa è sempre al di fuori di noi, dove la ricerca del capro espiatorio è la nostra Mission e difficilmente troviamo persone che si fanno delle domande che possano cercare di chiarire qual è la responsabilità di ciascuna delle parti in gioco e quali carte abbiano portato sul tavolo.

Tornando indietro, ma non troppo, non riusciamo ad accettare che nostro figlio non abbia attitudini scolastiche, a volte il problema sta proprio nella struttura scolastica inadeguata al tipo di apprendimento di nostro figlio, ma questo spesso lo ignoriamo (nel senso che non ne siamo a conoscenza, non ce ne accorgiamo, senza dare colpe a nessuno intendo) e ci frustriamo e non aiutiamo lui a uscire dalla condizione problematica; lui si sentirà giudicato (dal sistema scolastico e dalla famiglia), non imparerà a scoprire i propri talenti o come apprendere diversamente da come fanno i suoi compagni, che non sono migliori di lui, ma solo diversi.

In altri casi non riusciamo, man mano che crescono i nostri figli, a far capire loro che le scelte che prendono oggi rappresentano anche le basi per il loro futuro (che comunque è sempre modificabile o recuperabile volendo, niente è per sempre, nemmeno i diamanti); che non studiare può avere delle conseguenze che non gradiranno, ma in tutto questo dovrebbe esserci una serenità nell’accettare che non sono i genitori ad avere il problema, uno perché il problema non c’è, due perché la rabbia o la delusione non aiutano nessuno e tre perché come genitore non si è responsabili delle scelte del figlio, ma si è responsabili nell’educare il proprio figlio a scoprire chi è, cosa può, ma soprattutto “Chi vuol essere”, con i dovuti accorgimenti dell’età.

Soffrire e arrabbiarsi per le scelte di qualcuno è, secondo me, un atto di grande mancanza di fiducia nei confronti della persona e di grande proiezione delle proprie occasioni perse. Posso riconoscere che sia un peccato che la tale persona stia mal sfruttando o addirittura non sfruttando affatto i propri talenti, ma se la cosa mi fa arrabbiare allora vuol dire che quella persona mi sta facendo da specchio sui miei talenti non espressi, non riconosciuti e non accolti, o sulle occasioni che non ho colto, che non ho saputo cogliere o non ho visto al momento giusto o…vallo a capire che corto circuito c’è stato.

Quei figli diventati adulti siamo tutti noi. Immersi nella vita quotidiana a fare a gara chi molla più responsabilità all’altro o a fare a gara a chi se ne aggiudica di più, a fare incetta di responsabilità che non ci competono. Quindi ci troveremo a vivere circondati da persone che non sanno cosa vogliono, che si rendono conto di essere infelici ma non sanno come uscirne dando la colpa alla sfortuna, perché spesso non si rendono conto che la loro vita è il frutto delle proprie scelte e non la conseguenza di un destino infame.

Non permettere agli altri di dirti di mettere la testa a posto o di essere razionale e ragionevole di fronte alle tue scelte (consapevoli). Perché se a te piace girare il mondo in ciabattine è un tuo diritto farlo ed esserne felice, è un tuo diritto sentire che non hai bisogno dell’approvazione degli altri per farlo, soprattutto perché non stai facendo nulla di male e non stai ledendo la libertà e la salute di nessuno. Diversamente, se questo è quello che desideri fare, ma poi ti trovi intrappolato dietro una scrivania perché così il mondo ti può codificare come normale, l’unica persona che avrai leso sei proprio te stesso.

L’adattamento è una grande capacità dell’uomo ma spesso viene confusa con la remissività alle scelte altrui, per paura di perdere l’amore e l’affetto delle persone care, di perdere la stima e la credibilità delle persone ci sono intorno. Questo genera molti problemi interiori, genera rabbia e frustrazione, cose per le quali si paga un prezzo altissimo, anche se apparentemente non è così, cose per le quali si rischia di replicare un modello subìto e conosciuto, di replicarlo con gli altri e con i propri figli, quel modello giudicante e\o quel modello distruttivo che ti vuole schiavo di un meccanismo automatizzato e dove la scelta è quella di non scegliere, il pensiero non è più libero di volare, ma solo un pezzo della catena di montaggio identico a tutti gli altri pezzi.

Impariamo a gestire e accogliere le scelte altrui con gioia, perché che tu sia meccanico, dentista o pittore hai lo stesso valore e meriti di essere apprezzato per quello che sei.

Impariamo ad essere responsabili delle nostre azioni e scelte, senza aspettare che siano gli altri a decidere per noi, per poi lamentarci tutta la vita che per colpa di Tizio e Caio (che in genere sono papà e mamma) la vita è andata male, che i sogni sono rimasti in fondo al cassetto (e qualche volta è stato buttato via anche il cassetto) e non siamo felice e forse non lo saremo mai se continuiamo così.

Infine ricorda che il mondo ti fa da specchio e che i figli e i genitori sono uno specchio speciale, perché ti impediscono di scappare dai tuoi Drammi interiori che resteranno tali se non li trasformi in Commedia.

Cosa posso fare per cambiare questa situazione?

1 scegliere liberamente come voglio vivere, senza sentirmi uno scapestrato o un poco di buono se vado contro le aspettative esterne. Ricordarsi che la scelta è anche quando facciamo scegliere agli altri l’indirizzo della nostra esistenza (scegliamo di non scegliere).

2 imparare e insegnare la responsabilità individuale, comprendendo quali sono le nostre vere responsabilità e quando le stiamo accollando a qualcun altro o quando ce ne stiamo facendo inutilmente carico.

3 ricordare che quando scaravento le mie emozioni sugli altri sto solo cercando di allontanare un mio problema, perché le mie frustrazioni, la mia rabbia, il mio risentimento mi sta solo mostrando la strada verso le mie ferite e io posso decidere di seguire le indicazioni verso l’interno invece di sperare (inutilmente) che lanciandole su qualcun altro possano sparire magicamente.

La magia è dentro di te e solo tu puoi trasformare il mondo che vorresti partendo da te.

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